domenica 27 ottobre 2013

L'indifferenza che uccide.

Quando sono i piccoli territori a svegliarsi, per me almeno, è doppia soddisfazione.

I piccoli paesi spesso sono lontani dal clamore mediatico della grande città, vivono la loro quotidianità silenziosamente, disturbati ogni tanto da qualche evento di cronaca nera.

E' più facile vedere migliaia di persone in piazza in una città come Napoli che qualche decina tra le strade di un paese di 10.000 abitanti.

E quando vedi centinaia di persone percorrere quelle strade a testa alta, con rabbia e indignazione, cominci quasi a sentirti, per una volta, fiero della tua provenienza.

E' vero, ci sono voluti anni, non era facile forse per tutti capire la complessità di meccanismi che nemmeno grandi giornalisti hanno capito, o peggio, provato a capire.

I più informati forse sapevano già e si indignano e provavano a parlarne, a raccontare. Ma erano pochi, troppo pochi, e soli, molto soli. Siamo sempre stati soli. Questo è il problema.

Quando ora i grandi media nazionali ci domandano prima dov'eravamo, credendo di fare una domanda scomoda e magari "regalarci", come se non bastasse, un po' di senso di colpa, provo molta rabbia.

Provo molta rabbia perché c'è una parte della popolazione che ha sempre denunciato, una parte dei nostri giornalisti che ha sempre raccontato. Ma eravamo soli, erano tutti soli, snobbati, se non, isolati, che è ancora peggio.

La domanda corretta è dov'erano le Istituzioni, dov'erano i rappresentanti locali, dov'erano le forze dell'ordine addette al controllo, dov'erano i Sindaci tanto bravi a bussarti nei mesi precedenti le elezioni e poi a volatilizzarsi a ogni problema del proprio Comune dietro un "Non ci compete".

Dov'era la Provincia e dov'era la Regione.

Possono i cittadini sostituirsi ai loro rappresentanti? No, non possono. Ma possono sceglierli, possono ribellarsi a un sistema che non accettano più. Possono rifiutarsi di sopportare ancora decenni di convivenza e connivenza tra politica corrotta e camorra, tra imprenditoria insana e malaffare.

Possiamo cominciare ad alzare la voce, più siamo meglio è. Perché quando il numero aumenta, la protesta fa paura. E non importa se sia un prete a guidarla o a farne da portavoce. Quello che conta è che alla base ci sia finalmente gente comune pronta a mettersi in gioco. Persone che si informano, che nel loro piccolo fanno tutto quello che possono. Persone consapevoli, persone con il cervello acceso, persone pronte a cambiare le cose, che non hanno più paura. Ma c'è bisogno anche di competenze, di persone che si riuniscano i gruppi di lavoro, professionisti che mettano a disposizione le loro conoscenze, come medici, avvocati, geologi, biologi, agronomi e tanti altri.

Servono ancora denunce, ricerche, dati e percentuali, per essere credibili e per essere ascoltati. Se lo Stato non ci ascolta ci dobbiamo far ascoltare mostrandoci più forti, più testardi, più agguerriti. Non ci facciamo fermare, non dividiamoci. Errori ne sono stati fatti e se ne faranno, ma non è mollando o con l'indifferenza che le cose si risolveranno.

Antonio Gramsci scriveva: "L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. (...) L’indifferenza è il peso morto della storia. (...) Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?"

Domandiamocelo e continuiamo ad alzare la testa.





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Luisa Ferrara

sabato 5 ottobre 2013

Uno, tutti, migliaia.

Eravamo migliaia e non centinaia, questo sicuro.

In marcia silenziosamente, solo i cartelli a parlare. Ogni tanto qualche applauso o qualche coro: "Vergogna!".

Bambini, anziani, mamme, papà, ragazzi... c'eravamo proprio tutti. Forse mai abbastanza.

Che sia quella di oggi, assieme alle manifestazioni e alle iniziative degli ultimi giorni, il punto di partenza per una presa di coscienza collettiva.

Che l'aggregazione ritorni a essere l'elemento alla base di ogni lotta.

Che non si abbassino i riflettori, che ci sia un cambio di mentalità forte, che l'unità mostrata in questi giorni rimanga nel popolo campano a lungo, per sempre.

Non bisogna mai smettere di fare domande, di volere spiegazioni, di controllare, di proporre, di denunciare.

Tocca farlo ad ognuno di noi, ogni giorno.

L'individualismo ha perso, e noi ne siamo la dimostrazione. Dobbiamo esserne la dimostrazione.










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Luisa Ferrara