mercoledì 13 marzo 2013

Femminicidio: quando non basta un reato

         Articolo pubblicato per Agoravox il 13 marzo 2013


E se l'introduzione del reato di femminicidio si riducesse a un mero slogan?
A cosa serve aggiungere l'aggravante di violenza di genere, se non si tutelano le donne prima che vengano uccise?
Proviamo a guardare questa delicata e complessa tematica da un altro punto di vista.
Negli ultimi mesi la parola femminicidio con relativo hashtag e relative discussioni online e sui social network, ha lasciato il solo web per approdare sui mass media. Carta stampata e tv ne hanno fatto immediatamente unoslogan, una parola in cui racchiudere anni di lotte, vittorie, paure.
Ma il termine femminicidio non nasce certo oggi, già studiosi e criminologi lo avevano utilizzato nel secolo scorso per indicare una violenza estrema da parte dell’uomo contro la donna in quanto donna, come risultato di pratiche misogine talvolta reiterate, giustificate, non perseguite.
L’escalation di omicidi e di violenze sulle donne nell’ultimo anno ha dato il via all’allarme mediatico. Si muore sempre più per mano di mariti, ex mariti, fidanzati ed ex fidanzati, nonostante sia stato istituito il reato di stalking già dal 2009.
Ma l’omicidio di una “femmina” in quanto femmina è generalmente soltanto la fase finale derivante da violenze fisiche e/o psicologiche che speso tormentano le vite di tante donne. La violenza e l’assassinio di genere sono l’apoteosi di mentalità pervase da machismo e maschilismo, che difficilmente possono essere curate con un banale aumento di pena. Sarebbe opportuno aiutare le donne quando sono ancora vive.
Pensare di aggiungere un’aggravante di reato includendo la violenza di genere, rischia soltanto di ghettizzare ulteriormente le donne che lottano per aver riconosciuti uguali diritti in Italia, in Europa in Occidente, come nel resto del mondo. O come faceva notare in questo articolo l’autrice del blog, di confondere omicidi “normali” con omicidi di genere, anche quando non lo sono.
Quello che sarebbe opportuno fare è creare una rete di protezione e supporto per le donne che subiscono violenza e maltrattamenti. Inasprire le pene per reati come violenza sessuale, molestie, maltrattamenti, minacce. Applicare concretamente e con tempestività le misure cautelative e le pene previste per il reato di stalking che racchiude in sé vari tipi di minacce, intimidazioni e atteggiamenti persecutori.
Flash mob, manifestazioni e spot sono utili ad alimentare il dibattito e ad estenderne la portata, ma non bastano. Un Paese che si dice civile, progressista e democratico, come l’Italia, ha bisogno di competenze, di persone giuste al posto giusto.
Un esempio. Qualche giorno fa, in occasione dell’8 marzo, mi è capitato di leggere una lettera di una mia conoscente su Facebook che ha voluto denunciare apertamente la sua situazione di violenza ripetuta da parte del marito. La cosa che più mi ha colpito e lasciato senza parole del suo racconto, è stata la risposta di un carabiniere cui si era rivolta per sporgere denuncia:
Quando fui nell'ufficio denuncie e spiegai al maresciallo di turno cosa fosse accaduto, con il referto medico in mano, lui “fortunatamente" dall'alto della sua esperienza e con fare paterno , mi fece rinvenire dicendomi: ." Signo' .. queste sono cose che succedono.. vuje mo' fate sta' denuncia .. che nn serve a niente... c'avete due bambini piccoli, non lavorate, quello mo' vostro marito s'incazza ancora di piu' e succede un casino. I panni sporchi si lavano in casa... vedete che tutto si aggiusta!" 
Trovare persone di questo tipo, quando si va a fare una denuncia per stalking o per maltrattamenti, non aiuta. All’interno delle questure evidentemente non c’è una seria preparazione riguardo vicende così delicate, e quindi il tutto è un po’ a fortuna: tanto può capitarti una persona che prende a cuore la situazione e ti spinge a reagire e a chiedere giustizia come è giusto che sia, utilizzando tutte le armi a disposizione, tanto si può trovare una persona sfaticata o sfiduciata che preferisce chiudere la pratica ancor prima di iniziarla, nemmeno si stesse denunciando il furto di un portafogli o di braccialetto.
Ma non finisce qui. La rete di protezione dovrebbe partire nel momento preciso in cui viene fatta una denuncia per stalking (ma non sempre, purtroppo, evidentemente, accade). Forze dell’ordine, servizi sociali e centri di ascolto antiviolenza dovrebbero mettere assieme le proprie forze e le proprie competenze. Di questi ultimi se ne è parlato egregiamente in una delle recenti puntate del programma Rai Presa Diretta, in cui si è proprio sottolineato il difficile lavoro che tante figure professionali esperte si trovano ad affrontare ogni giorno, aiutando migliaia di donne e bambini, spesso nell’abbandono più totale da parte delle istituzioni. La mancanza di fondi, infatti, rischia di far chiudere molti centri (non solo di ascolto ma anche quelli di accoglienza dotati di posti letto). Altro dato importante è la mancanza di un numero sufficiente di centri in alcune regioni d’Italia, come Calabria, Basilicata e Molise, dove talvolta le donne che hanno bisogno di aiuto, non riescono a raggiungere con facilità i centri che si trovano dall’altra parte della regione.
Dal servizio si evince inoltre la lentezza dei tempi giudiziari e la mancanza di misure cautelative valide per le donne che hanno sporto denuncia: in alcuni casi molte delle donne uccise in questa strage senza fine, avevano denunciato, anche più di una volta, vari tipi di minacce e maltrattamenti, senza che a queste denunce seguissero azioni concrete atte a proteggerle.
È da qui che nasce la mia perplessità: non vorrei che il “femminicidio” si riducesse a mero slogan, così come è stato a suo tempo per lo “stalking”. Le leggi sono importanti nel momento in cui è fatto ogni sforzo possibile per farle rispettare, mettendo a disposizione mezzi e risorse, altrimenti è pura propaganda.
Ma le leggi, anche quando applicate alla lettera, da sole non bastano. Bisogna partire dall’educazione e dalla rieducazione. Bisogna uscire dalla mentalità vittima-carnefice e riprendere il dialogo tra generi, capire l’importanza dell’uguaglianza tra uomo e donna nel rispetto delle differenze biologiche.






 
Come facevo notare in un articolo che ho scritto in occasione della Giornata internazione contro la violenza sulle donne: “…le donne che oggi vogliono essere diverse, minacciano la morale comune e sconvolgono modelli precostituiti, mettendo in crisi un intero sistema. Questo fa paura, fa paura a tutti. Non solo agli uomini. Se l’uomo picchia e ammazza per riaffermare il suo potere, che lentamente si sta erodendo, lo fa per paura, una paura che lo porta a sopraffare l’altro. Bisogna andare a fondo, e capire dove nasce questa paura. Perché si ha paura di un modello di donna che forse è cambiato, e non lo si vuole accettare”.
Accettare che la donna abbia nuovi ruoli, nuove possibilità d’espressione e stili di vita non è semplice per l’uomo di oggi. I vecchi modelli sono in crisi già da qualche decennio e questo ha portato a uno sconvolgimento all’interno dei nuclei familiari e affettivi. Oggi le donne scelgono con più facilità la propria vita e la propria condotta, e non tutti gli uomini, ma nemmeno tutte le donne, sono pronti ad accettare ciò.
Ho parlato, sempre nello steso articolo, di “un altro tipo di violenza, quella che le donne fanno alle altre donne. La violenza psicologica di chi impone schemi in cui rientrare per essere “donna”, prescrive “buona maniere”, stili di vita, ruoli. La violenza di chi ti dice cosa è giusto dire, fare, e come farlo. Di chi vuole che si rimanga uguali a se stesse, perché è più comodo così. Una società in cui sono le donne a giudicare le donne, a renderle deboli e vulnerabili quando non rientrano nel concetto di “donna” che tutta la società si aspetta.”
Questo succede anche quando le madri, le zie, le nonne, le cognate o le sorelle, ti invitano a sopportare maltrattamenti per preservare la famiglia o la relazione, per “difendere i figli”, l’immagine, il “nome”.
Eppure siamo noi donne, noi future mamme, insieme ai futuri padri, ad avere una grande responsabilità:insegnare ai nostri figli, ancora una volta, il rispetto per le donne, unito alla consapevolezza che rispettare le donne (di qualunque età, nazionalità, etnia, religione) non sia segno di debolezza, ma una grande qualità, un grande pregio.
Con l’augurio che un giorno questo pregio diventi normalità. 

Luisa Ferrara

martedì 12 marzo 2013

Il M5S e la politica reale.


Da Il Caffè del 9 marzo 2013.


Qualcuno faceva notare in questi giorni che siamo senza Papa, senza Governo e anche senza Capo della Polizia (perché ricoverato). Quasi uno stato di “anarchia”, certamente temporaneo, dai toni un po’ “alternative”, che i punk inglesi potrebbero anche invidiarci.
Ma aldilà dei commenti ironici, che l’Italia stia attraversando un periodo complesso, è ormai cosa assodata. Si dice che la crisi sia l’inizio della rinascita, se è così allora possiamo solo aspettare. Del resto, dal voto espresso nelle ultime elezioni, è parsa chiara l’esistenza di una parte dell’Italia che vuole restare ancorata alla vecchia politica e a vecchi simboli che sembravano superati, come il berlusconismo e tutto ciò che incarna. D’altro canto però, una bella fetta di italiani si è avvicinata alla cosiddetta antipolitica di Grillo, a quel Movimento 5 Stelle che ha portato in Parlamento il voto di protesta, la voglia di cambiare o meglio di distruggere la vecchia politica.
Quello che mi preme sottolineare, restando fedele allo scopo di questa nostra rubrica, è lo sciogliersi dell’antitesi reale-virtuale. Il movimento di Grillo parte dalla Rete, da quel World Wide Web che unisce persone lontane fisicamente in un unico luogo, attraverso piattaforme che permettono un dialogo pressoché “universale”. Non c’è limite alla partecipazione, alla libertà di pensiero e di espressione, tutti possono dire la propria, finalmente, tutti possono fare politica, essere opinionisti, apportare la propria visione delle cose. L’informazione non è più unidirezionale, ma è orizzontale. E con essa anche la comunicazione politica, nel tempo, è stata costretta a cambiare, ma non sempre è riuscita nello scopo. Il fatto di utilizzare un mezzo così vasto e potente, che permette una comunicazione orizzontale, non significa saperla fare.
Grillo e  Casaleggio in questo sono stati bravi, e il Movimento si è saputo muovere attraverso la Rete e le piazze, tenendo lontano i giornalisti, simbolo secondo loro del vecchio modo di fare comunicazione, quel Quarto Potere che parla ancora da uno a molti, che non è più controllo dell’operato dei potenti, che si è lasciato “asservire”. Nelle critiche di Grillo c’è sicuramente del vero, nel desiderio “distruttivo” del Movimento ci sono probabilmente tanti buoni propositi.
Il problema è capire se questa “rivoluzione” sia possibile farla in Parlamento, tenendo presente la nostra Costituzione, lo spirito democratico che la anima. Perché va bene voler punire quella classe politica nascosta dietro ai propri privilegi, ma bisogna fare i dovuti distinguo, altrimenti con un generico “tutti a casa” si rischia di far di tutta l’erba un fascio. E di questo gli italiani non hanno bisogno, non è la demagogia che ci porterà a cambiare, ma la consapevolezza che la politica non è cosa “altra” dai cittadini, ma ci appartiene. E’ da qui che bisogna partire, perché in fondo la politica, e scusate se ricorro a frasi già sentite, non è nient’altro che lo specchio della società. Ed è anche responsabilità nostra mandare al potere gente onesta, uscire dal classico “tifo politico”con cui siamo abituati e guardare ai fatti, informarci e farsi domande.
Il passaggio da reale a virtuale non è dunque così semplice, così scontato, così immediato. E’ necessario che ora il Movimento mostri le competenze e la concretezza di cui ha sempre lamentato la mancanza nella nostra classe politica, impegnandosi a governare, ed è ora che si metta in discussione, che accetti di farsi conoscere, anche tramite quel giornalismo classico che negli ultimi anni tanti sforzi sta compiendo per aggiornarsi e sopravvivere online e non solo. 

Luisa Ferrara

venerdì 1 marzo 2013

Differenziata? Si può fare ancora di più.

Da Il caffè del 23 febbraio 2013



Questo il claim della campagna di sensibilizzazione avviata dal Comune di Caserta per far conoscere meglio ai cittadini i servizi e le modalità della raccolta differenziata. Da pochi giorni è nato un nuovo sito web www.differenziatacaserta.it fresco e colorato, con un’immagine evocativa di bimbi che corrono all’aperto, e con il “più” sostituito da un + a simbolo, quasi a rappresentare una crocetta rosa, forse ad indicare l’importanza per la vita e la salute di corretti “comportamenti ambientali”.
Una sezione del sito spiega come separare i rifiuti in casa, dividendoli in ben 8 categorie: umido, carta e cartone, indifferenziato, multimateriale, farmaci e pile, ingombranti, rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, oli commestibili esausti.
In un’altra sezione del sito è spiegato che per i rifiuti ingombranti è possibile chiedere il ritiro a domicilio su prenotazione chiamando un numero verde “per particolari esigenze”, ma non è specificato quali. In generale, infatti, i cittadini sono tenuti a depositare i rifiuti ingombranti come materassi, poltrone, divani, tavoli, biciclette, mobili vecchi ecc., presso le 3 isole ecologiche della città.
Le pile e i farmaci vanno lasciate negli appositi contenitori che si trovano presso gli i rivenditori, mentre per i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (raee) è possibile la raccolta domiciliare su prenotazione o lo smaltimento presso le isole ecologiche. Ma se si compra un nuovo elettrodomestico, ad esempio, è importante sapere che per legge quello in disuso deve essere smaltito dal rivenditore. Anche gli oli esausti commestibili devono essere smaltiti presso i centri di raccolta (isole ecologiche).
E’ inoltre prevista la raccolta dei cartoni per i commercianti, divisi in piccole utenze e grandi utenze, che verrà fatta presso l’esercizio in determinate fasce orarie e giorni.
Il porta a porta è valido invece per tutte le altre tipologie di rifiuti: ci sono specifici giorni e orari per umido, multimateriale, carta e cartone e indifferenziato. Per chi avesse dei dubbi su quali rifiuti appartengono a queste categorie, può trovare molti esempi sul sito stesso. I kit di sacchetti possono essere ritirati sempre presso le isole ecologiche, ogni 6 mesi. Sul sito ci sono gli indirizzi delle isole ecologiche, con tanto di cartina.
Alcune parti del sito, come quella che potrebbe essere molto interessante, “Dizionario della Raccolta Differenziata”, sono ancora in allestimento. Sembra sia prevista l’attivazione dei relativi account Facebook, Twitter e You Tube, anche se nessuno di questi è per ora ancora attivo.
Un primo passo per collegare i cittadini al Comune su tematiche così importanti sembra esser stato fatto. E’ importante però che il sito non resti un luogo virtuale passivo e poco aggiornato, ma una comunità dove possibile confrontarsi, trovare informazioni costantemente aggiornate e risposte a dubbi o problemi, attraverso un filo diretto costante con il Comune e con chi per esso si occupa della raccolta.
Luisa Ferrara