mercoledì 25 luglio 2012

Uguaglianza e intercettazioni. Quando anche Napolitano delude.


Da Il caffè del 20 Luglio 2012 




Anche nel mondo dell’informazione esistono mode. Notizie che “tirano” più di altre, termini che rimbombano nell’immaginario collettivo fino a risultare ripetitivi ed estenuanti. In un batter d’occhio cambiano i “trend” anche sui social network. Da “Napolitano” (per la storia delle intercettazioni) ad “Arcore” (per il ritorno di Berlusconi in politica), dai “Deep Purple” (per la morte del tastierista della band) a “Nelson Mandela” (per il suo compleanno, 94 anni). E così via come in un flusso senza fine, in cui talvolta perdersi, anche per i più attenti, non è difficile. Con il rischio che qualcosa rimanga al buio, che di qualcosa si parli inevitabilmente di meno, nonostante non sia meno importante di altro.

Manca solo un giorno all’anniversario della morte di Paolo Borsellino, 20 luglio, strage di Via D’Amelio, ma già in qualche modo se ne sta parlando, già a molti è venuto in mente il sacrificio di alcuni giudici italiani per l’amore della verità. Le “colpe” del giudice Borsellino, così come per Falcone, probabilmente risiedono nell’aver cercato di indagare su cose su cui non si poteva indagare. In tanti oggi parlano di una trattativa Stato-mafia, e grazie ad alcune indagini e agli interrogatori ad alcuni  pentiti si sono fatti anche i nomi. Ma si tenta di nascondere, di infangare, di far passare tutto in sordina, com’è nello stile Italiano, quello di non far mai luce sulle grandi tragedie e sugli eventi storici di questo paese, ma nicchiare, passar oltre, nel tentativo di far cadere tutto nel dimenticatoio, per salvaguardare “gli interessi della democrazia” o forse, quelli di pochi. In questo contesto in tanti, non hanno capito, non hanno accettato, l’atteggiamento di Giorgio Napolitano.

Il fatto. La Procura della Repubblica di Palermo ha deciso di non distruggere alcune intercettazioni che coinvolgono, anche se indirettamente, il Capo dello Stato, nelle indagini sulla trattativa Stato-mafia. Il Presidente della Repubblica si è opposto a questa decisione, giudicando le intercettazioni “lesive di prerogative attribuitegli dalla Costituzione”, L’unica giustificazione data da Napolitano ha riguardato il dovere di non creare precedenti “grazie ai quali accada o sembri accadere che egli non trasmetta al suo successore immuni da qualsiasi incrinatura le facoltà che la costituzione gli attribuisce". Dal canto loro i magistrati ritengono di aver rispettato le regole e di non aver leso l’immunità del Presidente.
Le reazioni politiche sono state diverse e inaspettate, ma è l’opinione pubblica ad essere più amareggiata e delusa. Online sono tanti i commenti che riassumono la situazione: “I drammi della vita: svegliarsi Napolitano e sentirsi come un cittadino intercettato qualunque”, oppure: “Caro Pres. #Napolitano,lei avrà certamente tutte le ragioni, ma io quando vedo uno terrorizzato dalle proprie #intercettazioni, mi spavento.” E ancora: #Napolitano chiede di distruggere le intercettazioni che lo riguardano insomma non ho niente da nascondere ma lo nascondo lo stesso”.
Le critiche non sono affatto velate, e il sentore generale rispecchia questo punto di vista: “Ho sempre considerato #Napolitano un ottimo Presidente. Ma ora che toccano lui, le intercettazioni sono scomode? MI spiace,non funziona così”.
D’altro canto ci sono i soliti garantisti che ribadiscono (mai come questa volta) l’esigenza di fare una legge che limiti le intercettazioni, come già si provò a fare ai tempi di Berlusconi.  Questo sembra il momento migliore per riproporla. E ci sono quelli, come l’Idv, che criticano totalmente l’atteggiamento ambiguo del Presidente. Il PD sembra proteggere Napolitano, così come l’Udc, per rispetto alla figura dell’uomo del Colle. Ma basta davvero la fiducia in un uomo a placare gli animi? Per l’ennesima volta si ha la sensazione di non essere tutti uguali davanti alla legge, e di non poter mai e poi mai accedere, in questo Paese, alla verità storica e politica. 


Luisa Ferrara 

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