mercoledì 20 giugno 2012

Salviamo la 194

Da Il caffè del 15 Giugno 2012






Nel 2012 capita anche che determinati diritti acquisiti decenni prima possano nuovamente essere messi in discussione. E talvolta questo capita nell’indifferenza dei molti, o meglio, nella non-conoscenza della “riproposta” questione. Sempre più volte, dal web, e più in particolare dai social network, partono battaglie e mobilitazioni che crescono pian piano a ritmo di clic, assumendo ininterrottamente visibilità grazie allo sharing, ovvero alla condivisione di messaggi e articoli. Ora che c’è la moda dell’hastag su Twitter, come fu tempo fa per il taggare su Facebook, velocità di diffusione e possibilità di approfondimento personale (nella migliore delle ipotesi) si mischiano a vicenda creando un effetto potenzialmente importante: i mass media notano questo movimento e cominciano a parlarne, cosicché in breve tempo il tutto va all’attenzione della politica, dei partiti, e degli opinion leader.
#Save194 è stato notato, ad esempio, da Repubblica.it e da Ilfattoquotidiano.it già diversi giorni fa, e su Twitter da Nichi Vendola e Antonio Di Pietro, Cgil, Roberto Saviano, tante associazioni, gruppi e tanti singoli pensatori. Ebbene sì, si torna a parlare di aborto, dell’illegittimità dell’interruzione di gravidanza, perché, secondo il giudice tutelare che ha sollevato il caso, la Legge 194 in un suo articolo violerebbe la Costituzione, ledendo il diritto alla vita dell’embrione. Dunque il 20 Giugno la Corte Costituzionale si ritroverà a riesaminare la Legge 194, approvata nel 1978, che è riuscita a “sopravvivere” anche al referendum abrogativo del 1981.
Da tanti blog e magazine al femminile è partita la protesta contro questo tentativo di mettere in discussione un diritto che sembrava acquisito. “Soft devolution”,  “Globalist.it”, il blog Loredana Lipperini su Kataweb, danno spazio alla causa, così come fioccano su Facebook campagne dedicate alla difesa della Legge.
#save194 #20giugno perché le donne hanno diritto a essere sostenute e curate, anche se la cura è un'#ivg altrimenti andranno al clandestino” scrive una giovane donna in riferimento all’interruzione volontaria di gravidanza. E sono tanti gli interventi: “#save194Il corpo è mio e lo gestisco io!’ Sarà vecchia ma è sempre efficace”, “A Roma la Ru486 si trova in un solo ospedale e il ricovero è obbligatorio. Anche questo è #Save194”.
Qualcuno ci mette un po’ d’ironia: “Se gli uomini potessero concepire, a quest'ora l'aborto sarebbe un sacramento. (Florynce Kennedy) #save194”, “Attacco all’aborto 2, la vendetta #save194”. Qualcun altro si chiede: “Tutte le donne italiane possono liberamente decidere di diventare madri? NO! #save194”. E c’è anche chi lancia una riflessione: “Le più indifese sono le donne che non hanno accesso alla contraccezione, all'amore responsabile, alla libera scelta#save194”.
Talvolta ad ognuno di questi brevi messaggi è allegato un articolo per approfondire, così gli scambi di posizione sono tanti, com’è alta la consapevolezza che oggigiorno interrompere una gravidanza è diventato difficilissimo: il numero di medici e paramedici obiettori di coscienza negli ospedali pubblici è aumentato tantissimo negli ultimi anni, le statistiche parlano di 8 su 10. In questo difficile contesto, dove quindi il diritto ad abortire non è garantito mentre dovrebbe esserlo per legge, tentare di minare proprio la 194 è un chiaro segnale di ulteriore opposizione all'esercizio di un diritto. Già oggi accade che per abortire in tempo donne le debbano rivolgersi al privato, andare all’estero o farlo clandestinamente. Quali sarebbero le conseguenze se non ci fosse più la 194? 


Luisa Ferrara

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