domenica 13 maggio 2012

Cento passi verso la "bellezza".

Da Il caffè di Venerdì 11 Maggio 2012






Abbiamo spesso parlato in questa sede delle iniziative per ricordare le vittime della camorra, da Giancarlo Siani, nostro collega giornalista, ucciso perché scomodo ai clan, alla piccola Annalisa Durante o a Silvia Ruotolo, vittime innocenti uccise per errore. Abbiamo di recente raccontato qualche storia sul recupero dei beni confiscati alle mafie (camorra, ‘ndrangheta, mafia siciliana) e del riutilizzo a scopo sociale. Abbiamo raccontato di Libera, di Don Peppe Diana, di Don Ciotti.
Oggi un altro nome ci riempie la mente e il cuore, per il suo operato, per le sue parole e le sue lotte, per il fatto di essere esistito, prima che “morto ammazzato”. Peppino Impastato apparteneva ad una famiglia mafiosa di Cinisi, ma volle cambiar rotta, volle militare politicamente e intellettualmente contro la mafia stessa. Egli era libero e si sentiva tale, non poteva sopportare l’abbruttimento atroce cui la mafia stava sottoponendo la sua amata Sicilia. Scriveva, urlava dalla sua radio, coinvolgeva la gente.
Se si insegnasse la bellezza alla gente – diceva Peppino - la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione, ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore.” Queste parole sono una delle testimonianze più importanti che il cosiddetto “popolo della Rete” ama ricordare. Più di 13.000 persone sono fan di Peppino solo su Facebook, in generale diversi giornali online ricordano il giovane militante assassinato dalla mafia il 9 Maggio del 1978, la stessa notte dell’omicidio di Aldo Moro. Non solo i comunisti e la sinistra lo ricordano ogni anno, ma tanta tanta gente che ha trovato nelle sue parole e le sue battaglie la forza di opporsi all’arroganza mafiosa.
E’ stato fatto per lui in questi anni un fantastico film da Marco Tullio Giordana intitolato “Cento passi”, così come è anche titolata una bellissima canzone dei Modena City Ramblers. Tanti hanno raccontato la sua storia e hanno cercato di fare luce su una morte piena di ombre. Sono toccanti le parole che la figlia di Aldo Moro ha indirizzato a Giovanni Impastato, fratello di Peppino: “Mi piacerebbe tanto che un giorno potessimo ricordare i nostri cari non nel giorno della loro morte, ma nel giorno nel quale festeggiamo la nascita della nostra Repubblica, il 2 giugno. Allora avrebbero davvero il loro posto, che non è quello di vittime, ma quello di costruttori coraggiosi di un Paese in cui ci sia posto per tutti, con uguale dignità e rispetto”. E’ come se con questa breve frase Agnese Moro avvicinasse quei due corpi inermi, “in quella notte buia dello Stato italiano, l’alba dei funerali di uno Stato” per dirla come i Modena City Ramblers.


E’ bello vedere come si voglia ancora ricordare, commemorare, che ci sia una parte di questa Italia rassegnata e invasa dalla crisi economica e valoriale che non smette di riflettere, di lottare, di crederci. Facendo anche solo una piccola e veloce ricerca su Twitter, ad esempio, si vede come tra gli hastag principali e più cliccati oggi ci sia proprio #peppinoimpastato: Trent’anni da vivo, trentaquattro da morto, eppure il suo segno è indelebile” scrivono, e ancora: “Un pensiero diretto alla Chiesa che impedisce la messa in sua memoria, la mafia uccide, il silenzio pure”. Si ricordano i 100 Sindaci siciliani che oggi sfilano per Cinisi percorrendo i 100 passi che portano dalla casa di Peppino a quella del boss Gaetano Badalamenti, si dà il via all’undicesima edizione del “Forum Sociale Antimafia Felicia e Peppino Impastato 2012”. E’ bello sapere che tanti scendono in piazza ogni anno a Cinici e in tutta la Sicilia, per lui, è bello notare come ci sia un filo diretto tra le azioni virtuali del grande world wide web e la vita di tutti i giorni, fatta di gente in carne ossa, lacrime, sangue e qualche gioia.
E’ bello sapere che tramite “media minori” in tutta Italia, anzi in tutto il mondo, possono arrivare queste storie, queste speranze. Lontano da un’iconografia della mafia stereotipata, come quella di alcuni film, e dentro storie vere e assurde, di organizzazione criminali che ammazzano i propri stessi figli in nome del Dio Danaro.
Siamo figli di un’Europa sempre più globalizzata, gli avvenimenti sono in continua interconnessione, dal locale al globale e viceversa, ma sono le nostre piccole storie a renderci Patria, Paese, Italia. Ecco perché bisogna ricordare, sempre, conoscere cosa è “il peggio” e avere il “coraggio di cambiare”.



Luisa Ferrara

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