domenica 27 maggio 2012

Capaci di...


Da Il caffè di Venerdì 25 Maggio 2012.  


Può il nome di un Comune italiano di circa 10.000 abitanti rappresentare così bene in sé il senso di sconfitta e rinascita di un Paese, la morte e la speranza di una Nazione dinanzi alla sua sete di giustizia e legalità nel ricordo dei suoi eroi? Può la strage di Capaci essere ricordata dopo 20 anni e suonare viva nelle parole dei nostri giovani studenti, come un frastuono necessario a svegliare le coscienze, ancora una volta? #capaci di è un gioco di parole che invade Twitter in queste ore, che unisce un’Italia sempre più arresa, disunita, stanca, nevrotica. Probabilmente non c’è terrorismo o strategia della tensione che regga dinanzi a milioni di persone che hanno sete di verità e cambiamento.

E sarebbe bello non avere morti da piangere, ma dovremmo essere#Capacidi difenderli da vivi e allora forse, non piangeremmo più #Falcone”,  scrive qualcuno su Twitter, riassumendo il senso di tutta la vicenda.  “#capacidi non dimenticare e chiedere ancora verità e giustizia su una pagina buia della nostra storia. Fuori la mafia dallo Stato!”, scrive indignato qualcun’altro.
C’è voglia di verità, c’è sete di giustizia, non solo per Giovanni Falcone e sua moglie, per gli uomini della scorta, per Paolo Borsellino e tutte le altre vittime delle mafia, ma per un Paese intero che ha bisogno di riscattarsi, di sentirsi protetto dal suo Stato, e non tradito. Come non pensare a Brindisi e alla giovane Melissa?
“Capacidi” è il grido di ribellione di chi vuole ancora essere in grado di credere in quest’Italia preda per anni della negligenza più cieca in alcuni casi, e di una spietata e non ben chiara “ragion di Stato” in taluni altri.
Si cita Borsellino: “Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene”. E c’è poi chi rivolgendosi alla mafia dichiara: “Vent'anni fa avete provato a distruggere le nostre idee. Oggi vi dimostriamo che siamo ancora #Capacidi crederci. Fino in fondo”.  Non solo speranza, anche forte senso critico: “Vent'anni dopo l'Italia è la stessa. Ed è colpa nostra #capacidi”.
E ancora: “#Capacidi resistere, #Capacidi sognare, #Capacidi ricordare,#Capacidi scrivere tutto ciò. Non basta, bisogna essere #CapacidiFare.”.
Non basta,  è assolutamente vero. Bisognerebbe essere capaci di capire che la resistenza alle mafie è un qualcosa da fare quotidianamente nel proprio territorio. E’ onestà senza sé e senza ma. E capire che non esiste solo bene e male,  ma che c’è una zona grigia di illegalità diffusa che fomenta e protegge la criminalità organizzata. Il popolo sovrano deve vigilare sull’operato delle Istituzioni e dello Stato, pretendere la verità, non dimenticare, lottare. Nulla è dato, nulla è certo. La democrazia è un bene per cui ogni giorno bisogna combattere, lontano da inutili retoriche, ma nella concretezza della propria condotta morale di cittadini.
Girando oggi su Facebook e leggendo vari articoli, note e commenti online, mi è capitato di imbattermi in una citazione che mi ha fatto molto riflettere e che vorrei portare a conoscenza di tutti, per quanto breve ed estrapolata essa sia: “Si offre una narrazione semplificata. Da una parte Falcone e Borsellino, che con il maxiprocesso ripristinarono la legalità e dall'altra i carnefici che hanno il volto di Riina e Provenzano, ex villici eletti a icone del male (...) Se la mafia fosse fatta solo di ex villici ce ne saremmo già liberati. Invece c'è una vasta terra di mezzo abitata da un popolo di colletti bianchi che hanno fatto le nostre scuole, frequentano le nostre chiese, pregano lo stesso Dio, si incontrano nei salotti e che ne sono i coprotagonisti (…)”. Sono parole di Roberto Scarpinato, Procuratore generale di Caltanissetta, collaboratore di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, tanto concise quanto eloquenti. Due anni fa, al convegno organizzato dalla redazione di Antimafiaduemila presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Palermo in occasione del 18° anniversario della strage di Via D’Amelio, lo stesso giudice, aveva dichiarato “Sono tantissimi quelli che sanno, in tutto o in parte, cosa si cela dietro le stragi. Un esercito di persone che non parlano (...) le bocche restano cucite perché la lezione della storia dimostra che non c'è salvezza fisica fino a quando il potere che ha ordinato e coperto le stragi resta in sella.” E’ questo che fa davvero paura, le bocche cucite, per paura ma non solo:  interesse, convenienza, disamore per la propria Patria. 

Luisa Ferrara 


Nessun commento:

Posta un commento