domenica 11 marzo 2012

Dalla musica alla morte.


Da Il caffè di Venerdì 9 Marzo 2012 

Ci sono lutti che sono in grado di travolgere tante persone e tante sfere di vita e di discussione. Che lanciano allarmi o sono da monito. Che portano alla luce diritti dimenticati, o forse tralasciati da una parte dell’opinione pubblica. E’ stato così in questi giorni per la morte del grande Lucio Dalla, ma è stato lo stesso negli ultimi mesi per la perdita di due giovani tecnici che nel mondo  della musica sono invisibili, ma permettono i grandi concerti nei Palazzetti , cui siamo oggi tutti abituati.

Lucio è andato via nella notte, il cuore ha smesso di battere, così senza preavviso. Dopo pochi giorni, il funerale, nella data del suo compleanno, avrebbe compiuto 70 anni. Funerali cattolici, come egli ha  voluto, in quanto si sentiva profondamente cristiano. Le voci sulla sua omosessualità giravano da tempo, ma egli non aveva mai voluto confermarlo pubblicamente. Forse aveva ritenuto più importante la qualità del suo amore, che la tipologia o la “direzione”, e non gliene si può fare una colpa.  
Intanto è partito in quarta il “mondo gay”, che forse avrebbe voluto un outing mai arrivato. Intanto al funerale c’era il suo compagno in lacrime, un giovane addolorato, definito talvolta amico talvolta collaboratore. Come dire, il “sacro” e il “profano”, assieme, nel dolore, nella commemorazione di un uomo che ha saputo donare tanto con la sua arte e la sua sensibilità. Il resto appartiene al privato, o perlomeno così dovrebbe essere.
E’ un susseguirsi di articoli, frasi, dediche, saluti. Il web è in fermento e addolorato. Scioccano alcune dichiarazioni che rompono il cerchio di affetto attorno a una figura del mondo dello spettacolo che ha unito l’Italia intera. Da Radio Padania, come hanno riportato in tanti su Twitter, è arrivato uno sprezzante e insensato commento: “Lucio Dalla cantore italiota del Sud per colpa della mamma non Padana…” e come se non bastasse “ideologico, figlio di quella cultura postsessantottesca, ha una visione del mondo cattocomunista ed ecumenista.” Ma c’è chi si chiede: “Se Dalla fosse stato un comune mortale, la Chiesa gli avrebbe riservato lo stesso trattamento?” E c’è chi aggiunge: “C'è una profonda differenza tra il modo in cui #Dalla ha saputo vivere la sua #omosessualità e quella, spesso arrogante, di molti #gay oggi.” Mentre Francesco Facchinetti, figlio di uno dei Pooh e marito della Marcuzzi che su Mediaset presenta il Grande Fratello, dichiara: “L’addio a #Dalla e il tabù infranto: polemica in tv sull’omosessualità taciuta, ipocrisia all’italiana.” Ma è l’Italia onesta intellettualmente, quella che vuol far nascere il dibattito, o quella gossippara e chiacchierona? Non si capisce mai bene il limite.
Sicuramente non finiranno sui giornali scandalistici i due giovani morti nel montaggio degli enormi palchi per concerti, uno per Jovanotti a dicembre, a Trieste, e l’ultimo pochi giorni fa a Reggio Calabira per Laura Pausini. Sgomento e dolore in tutto il mondo della musica, le star per un attimo scendono dal piedistallo e soffrono con noi e tra di noi. Laura Pausini lascia una lettera sul suo sito per Matteo Armellini, 31 anni, la stessa che viene inserita su Facebook, che si conclude così, con 27.304 “Mi piace” e più di 4.000 commenti: “Noi che siamo la tua famiglia in tour ci inchiniamo davanti a te Matteo e all'amicizia e all'amore che mettevi per ogni tuo gesto, sacrificio e aiuto che ci davi, e si uniscono a me i tecnici feriti che per fortuna ora stanno bene. Ma il nostro lutto è totale. E devastante. Ciao Matteo...Laura e i tuoi amici del tour.

Matteo Armellini, italiamagazineonline.it
Francesco Pinna, corrieredellasera.it


Jovanotti, che a suo tempo aveva sospeso il tour, dopo la morte del giovanissimo studente operaio, Francesco Pinna, 20 anni, commenta così su Twitter: “Un abbraccio a Laura e alla sua squadra. E' necessaria una discussione molto seria tra organismi competenti su come possiamo migliorare il livello di sicurezza per noi addetti ai lavori e per il pubblico.” Ed è tutto un susseguirsi, anche stavolta, di commenti di cordoglio da parte di tanti cantanti come Giorgia, Syria, Fiorella Mannoia. Biagio Antonacci si mostra su Twitter palesemente preoccupato:  “Un'altra vittima, un altro ragazzo muore per montare qualcosa che deve portare gioia. Che senso ha allora questa gioia!!?!?!??!? E' vero, è un incidente... Però adesso sono troppi!!!!!! Ora voglio garanzie!! Ora voglio sapere di più... Il mio tour è imminente ma voglio capire cosa si può fare per evitare la morte di chi lavora." E lo stesso post su Facebook porta con sé più di 5.000 “Mi piace”.
Fa bene Antonacci a preoccuparsi, a volere garanzie. Se non loro, che hanno milioni di fan, e un gran seguito dell’opinione pubblica, chi? Se non le nostre star, chi altri? Qui il dibattito è sacrosanto, le misure di sicurezza, anche se sembrano esserci, non bastano. Lo hanno fatto notare i Sindacati, che ogni anno contano migliaia di morti sul lavoro. E’ vero non si può morire mentre si lavora per dare gioia agli altri, non si può morire così. Non si può morire sul lavoro. E basta. 

Luisa Ferrara 

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