giovedì 29 marzo 2012

Il buco Sanità.

Altra settimana, altro post.
Da Il caffè di venerdì scorso, 23 Marzo, una riflessione su quello che è l'enorme problema sanità in Italia.




Il Servizio sanitario perde la stima degli italiani”. “Il 31,7% degli italiani ritiene che la sanità sia peggiorata negli ultimi due anni”. “Campania: Precipita ascensore in ospedale San Gennaro, 3 feriti”. “Dieci ragioni per fuggire dalla sanità Campana”.  “Truffe in Sanità, Campania: blitz dei Nas, coinvolti 13 medici e paramedici”.
Questi sono solo alcuni dei titoli che hanno riguardato il problema sanitario in Campania negli ultimi mesi, e che potete trovare facendo una ricerca in Google digitando “sanità campania”.
A Napoli di recente è stata sgominata una rete composta da medici, paramedici e amministratori, che in pratica truffava il sistema sanitario pubblico. Come? Costruendo un sistema di illegalità nelle prestazioni sanitarie in regime di intramoenia, facendo convergere clienti delle strutture pubbliche in quelle privati, chiedendo enormi somme di danaro per interventi sanitari. Sembra che siano coinvolti non solo l’Ospedale Cardarelli, ma anche altre strutture pubbliche napoletane. Chiaramente si intuisce come questo non sia un problema solo campano (che dire degli scandali pugliesi?).
La sanità in Italia soffre da decenni, ma un rapporto del Censis ha evidenziato come negli ultimi due anni il 31,7% degli italiani ritiene che il SSN sia peggiorato, a fronte di una piccola percentuale di soddisfatti che vi scorge persino miglioramenti (circa l’8%). Il problema è che i soldi non bastano, sono stati spesi male finora, e non ci sono per il futuro. Nel 2015, per soddisfare i bisogni di salute serviranno 17 miliardi in più di quelli preventivati. Chissà dove li prenderemo.
In Campania il buco della sanità è davvero tremendo, si sa, e per questo si cerca di risparmiare. Economizzare talvolta, non vuol dire però combattere gli sprechi, ma significa far rallentare tutto, esami, interventi, visite.  Occorrono mesi se ci si rivolge al pubblico, ma bastano ore o giorni, se invece si paga, come racconto Antonio Corbo in un interessante e approfondito articolo per napoli.repubblica.it.  Esiste un sistema, ormai accettato e strutturato, per “fare prima”. È il sistema "intramoenia" che in Campania degenera in abusi ormai risaputi, che rende privata la sanità pubblica, che favorisce i malati ricchi rispetto a coloro che sono meno abbienti. Che nessun medico denuncia però. Che nessuno sente come un furto, un danno. Eppure i soldi investiti nella sanità pubblica non sono altro che le tasse pagate dai cittadini onesti, che dovrebbero avere in cambio un servizio funzionante.
Come se non bastasse, l’ingerenza politica e il clientelismo non fanno altro che peggiorare ed esasperare la situazione.
Su Twitter sono riprese da vari utenti le dichiarazioni di #Balduzzi, ovvero Renato Balduzzi, attuale Ministro della Salute nel governo Monti, e in particolare è citata la sua “cura”: ‘Basta nicchie e comportamenti stagni’, ‘Non aumentare risorse, avanti regionalizzazione’. Ciò significherebbe più autonomia alla Regioni, che devono cominciare a contenere le spese attraverso dei piani di riqualificazione e riorganizzazione, potendo però contare sempre su meno risorse.
Dal sito video.ilsole24ore.com ovvero la  versione web de “Il Sole 24 Ore”, è visualizzabile un video sulla visita di Balduzzi a Napoli, a pochi giorni dallo scandalo che ha scosso la sanità partenopea con l’arresto del Primario di Ortopedia, Paolo Iannelli, dell’Ospedale Cardarelli. Il Ministro parla dei casi di sovraffollamento di pazienti e dell’importanza di trovare regole per risolverli, regole che spettano alle Regioni. Ha anche auspicato il completamento del famoso “Ospedale del Mare”, i cui lavori sono fermi ormai da tempo. Aggiunge anche che i criteri con cui sono ripartiti i fondi del sistema sanitario nazionale vanno rivisti. Cosa vorrà dire? E’ una minaccia, come a dire, ‘non avrete più soldi, arrangiatevi come potete’? Non si sa. Ciò che è certo, è che se non fosse per le forze dell’ordine e magistrati con le loro inchieste, nessun scandalo verrebbe mai fuori.
Ci vorrebbero probabilmente più prevenzione, più controlli, una migliore “governance” per usare una parola tanto politichese, tanto abusata, ma mai realmente messa in pratica. Una gestione razionalizzata, intelligente, staccata dalle motivazioni politiche, e pubblica, nel vero senso della parola. Finalmente.


Luisa Ferrara



lunedì 19 marzo 2012

Oltregomorra: come togliere i soldi alle mafie.

Da Il caffè di Venerdì 16 Marzo 2012




Quello che accade online, in internet, nello sterminato mondo del web, non è mai davvero “virtuale”. Talvolta è un riflesso di ciò che accade nel mondo, di ciò che è reale, vivo e forte. La rete è spesso  collegamento tra gli eventi e le persone, unisce attorno ad un’idea, una causa, un valore. E’ un mezzo.
Nella lotta alle mafie è il lavoro sul territorio che fa la differenza, è l’impegno quotidiano di tante persone, spesso all’interno di associazioni, che dà speranza. Ma come tutti sanno è importante che i mass media e, negli ultimi anni, anche i new media, facciano la propria parte, mettendo al centro dell’agenda delle notizie non solo la mera cronaca criminale, ma tutto quello che c’è dietro, dentro, intorno la lotta alle mafie. Chi è contro la camorra è contro la cultura camorristica dell’omertà e del silenzio, non“si fa i fatti propri”, e non ignora la possibilità di cambiamento. Combattere la camorra, a Napoli, come a Caserta, significa anche informarsi, e quotidianamente fare la scelta giusta. Ecco che le università, il mondo tutto della cultura e dell’associazionismo e delle scuola, devono convergere intorno a progetti comuni, laddove la politica è carente, per risvegliare le coscienze, per uscire dall’incubo di un’intera Campania Felix succube di una malavita spietata, assassina, distruttiva.
Nell’aula magna dell’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa, nella mattinata di mercoledì 14 marzo, c’è stata la presentazione del documentario “OLTREGOMORRA Il tesoro dei boss” per la regia di Aldo Zappalà, docente di Imprenditoria e Creatività per cinema teatro e televisione (ex Spettacolo e Produzione Multimediale), e di tre suoi studenti, Jole Rago, Valerio D’Ambrosio e Ilaria Stefanini. Il film, che andrà in onda in Rai per “La Storia Siamo Noi” è un intenso viaggio nel mondo della  Camorra, della ‘Nndrangheta e della Mafia siciliana, per scoprire quanti soldi queste organizzazioni criminali sottraggono all’economia del Paese attraverso il pizzo, traffici illeciti, sofisticazione alimentare, corruzione. Cifre spaventose, senza calcolare il valore delle proprietà dei boss, come terreni, case, ville e aziende. I tre giovani denunciano i numeri, ma sanno anche raccontare con maestria “un metodo” per recuperare le risorse rubate, ovvero il recupero dei beni confiscati alla criminalità organizzata. Non solo la confisca e la sottrazione, ma il riutilizzo, come schiaffo morale ai boss, e come esempio per la società. Nelle grandi ex ville dei mafiosi, in tutta Italia, l’associazione Libera in memoria di Don Peppe Diana, promossa oggi dall’energico Don Ciotti, organizza attività importanti per i giovani del territorio. In Sicilia, in Puglia e in Campania, spuntano cooperative agricole, per il recupero dei terreni, fino alla produzione a Caserta, della “mozzarella della legalità”, in Sicilia del vino “Cento Passi” e in Puglia dei Tarallini biologici.
Purtroppo soltanto una parte dei beni sequestrati viene poi realmente convertita in nuove attività, portando lavoro e ricchezza per i cittadini. La maggior parte dei beni, resta invece per anni inutilizzata, nell’attesa di processi, tra rinvii e appelli. Ma il messaggio che il film lancia è importante, perché porta l’attenzione su una tematica importantissima: togliere i soldi alle mafie, poiché è soltanto in questo modo che è realmente possibile indebolirle. Dunque l’auspicio è che forze dell’ordine, magistratura e Stato, collaborino affinché la criminalità organizzata abbia sempre più difficoltà a infiltrarsi nell’economia sana, e a farla marcire. All’anteprima del film era presente anche la Fondazione Polis della Regione Campania, che si occupa delle vittime innocenti della criminalità organizzata e alcuni parenti della vittime, come Paolo Siani, fratello di Giancarlo, giornalista 26enne ucciso dalla camorra, e Alessandra Clemente, la figlia di Silvia Ruotolo, donna uccisa per errore da dei malavitosi a Napoli. Alessandra commuove con le sue parole, quando parla di desiderio di cambiare le cose e dell’importanza dell’impegno comune. A questo proposito annuncia le iniziative di Marzo per la “Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime delle mafie”, che quest’anno si terrà a Genova il 17 marzo, cui possono partecipare le scuole, delegati di Libera da tutta Italia e ogni comune cittadino. Per questa occasione è stato realizzato un tenerissimo spot dai bambini di alcune scuole primarie di Genova, Lentini (Sr) e Marano (Na), prodotto dal “Marano Ragazzi Spot Festival”, che si può trovare su You Tube digitando “Spot 17 Marzo 2012 Genova”.
Su www.liberacaserta.org è possibile tenersi aggiornati sulle attività dell’associazione Libera nella zona di Caserta e provincia, mentre su Facebook è presente il gruppo “Le terre di Don Peppe Diana” e la pagina “Libera Terra” cooperativa sociale di Castel Volturno. Per chi fosse interessato ad acquistare i prodotti delle varie cooperative presenti sul nostro territorio, c’è la lodevole iniziativa “Facciamo un pacco alla camorra” (www.facciamounpaccoallacamorra.it), un progetto realizzato da diverse cooperative unite nella realizzazione di un’economia alternativa a quella camorristica dell’inquinamento e della sofisticazione dei prodotti fantastici che la Campania ci offre. Per chiunque volesse informazioni più dettagliate, può scrivere a caserta@libera.it all’attenzione del referente casertano Valerio Taglione.


Luisa Ferrara


domenica 11 marzo 2012

Dalla musica alla morte.


Da Il caffè di Venerdì 9 Marzo 2012 

Ci sono lutti che sono in grado di travolgere tante persone e tante sfere di vita e di discussione. Che lanciano allarmi o sono da monito. Che portano alla luce diritti dimenticati, o forse tralasciati da una parte dell’opinione pubblica. E’ stato così in questi giorni per la morte del grande Lucio Dalla, ma è stato lo stesso negli ultimi mesi per la perdita di due giovani tecnici che nel mondo  della musica sono invisibili, ma permettono i grandi concerti nei Palazzetti , cui siamo oggi tutti abituati.

Lucio è andato via nella notte, il cuore ha smesso di battere, così senza preavviso. Dopo pochi giorni, il funerale, nella data del suo compleanno, avrebbe compiuto 70 anni. Funerali cattolici, come egli ha  voluto, in quanto si sentiva profondamente cristiano. Le voci sulla sua omosessualità giravano da tempo, ma egli non aveva mai voluto confermarlo pubblicamente. Forse aveva ritenuto più importante la qualità del suo amore, che la tipologia o la “direzione”, e non gliene si può fare una colpa.  
Intanto è partito in quarta il “mondo gay”, che forse avrebbe voluto un outing mai arrivato. Intanto al funerale c’era il suo compagno in lacrime, un giovane addolorato, definito talvolta amico talvolta collaboratore. Come dire, il “sacro” e il “profano”, assieme, nel dolore, nella commemorazione di un uomo che ha saputo donare tanto con la sua arte e la sua sensibilità. Il resto appartiene al privato, o perlomeno così dovrebbe essere.
E’ un susseguirsi di articoli, frasi, dediche, saluti. Il web è in fermento e addolorato. Scioccano alcune dichiarazioni che rompono il cerchio di affetto attorno a una figura del mondo dello spettacolo che ha unito l’Italia intera. Da Radio Padania, come hanno riportato in tanti su Twitter, è arrivato uno sprezzante e insensato commento: “Lucio Dalla cantore italiota del Sud per colpa della mamma non Padana…” e come se non bastasse “ideologico, figlio di quella cultura postsessantottesca, ha una visione del mondo cattocomunista ed ecumenista.” Ma c’è chi si chiede: “Se Dalla fosse stato un comune mortale, la Chiesa gli avrebbe riservato lo stesso trattamento?” E c’è chi aggiunge: “C'è una profonda differenza tra il modo in cui #Dalla ha saputo vivere la sua #omosessualità e quella, spesso arrogante, di molti #gay oggi.” Mentre Francesco Facchinetti, figlio di uno dei Pooh e marito della Marcuzzi che su Mediaset presenta il Grande Fratello, dichiara: “L’addio a #Dalla e il tabù infranto: polemica in tv sull’omosessualità taciuta, ipocrisia all’italiana.” Ma è l’Italia onesta intellettualmente, quella che vuol far nascere il dibattito, o quella gossippara e chiacchierona? Non si capisce mai bene il limite.
Sicuramente non finiranno sui giornali scandalistici i due giovani morti nel montaggio degli enormi palchi per concerti, uno per Jovanotti a dicembre, a Trieste, e l’ultimo pochi giorni fa a Reggio Calabira per Laura Pausini. Sgomento e dolore in tutto il mondo della musica, le star per un attimo scendono dal piedistallo e soffrono con noi e tra di noi. Laura Pausini lascia una lettera sul suo sito per Matteo Armellini, 31 anni, la stessa che viene inserita su Facebook, che si conclude così, con 27.304 “Mi piace” e più di 4.000 commenti: “Noi che siamo la tua famiglia in tour ci inchiniamo davanti a te Matteo e all'amicizia e all'amore che mettevi per ogni tuo gesto, sacrificio e aiuto che ci davi, e si uniscono a me i tecnici feriti che per fortuna ora stanno bene. Ma il nostro lutto è totale. E devastante. Ciao Matteo...Laura e i tuoi amici del tour.

Matteo Armellini, italiamagazineonline.it
Francesco Pinna, corrieredellasera.it


Jovanotti, che a suo tempo aveva sospeso il tour, dopo la morte del giovanissimo studente operaio, Francesco Pinna, 20 anni, commenta così su Twitter: “Un abbraccio a Laura e alla sua squadra. E' necessaria una discussione molto seria tra organismi competenti su come possiamo migliorare il livello di sicurezza per noi addetti ai lavori e per il pubblico.” Ed è tutto un susseguirsi, anche stavolta, di commenti di cordoglio da parte di tanti cantanti come Giorgia, Syria, Fiorella Mannoia. Biagio Antonacci si mostra su Twitter palesemente preoccupato:  “Un'altra vittima, un altro ragazzo muore per montare qualcosa che deve portare gioia. Che senso ha allora questa gioia!!?!?!??!? E' vero, è un incidente... Però adesso sono troppi!!!!!! Ora voglio garanzie!! Ora voglio sapere di più... Il mio tour è imminente ma voglio capire cosa si può fare per evitare la morte di chi lavora." E lo stesso post su Facebook porta con sé più di 5.000 “Mi piace”.
Fa bene Antonacci a preoccuparsi, a volere garanzie. Se non loro, che hanno milioni di fan, e un gran seguito dell’opinione pubblica, chi? Se non le nostre star, chi altri? Qui il dibattito è sacrosanto, le misure di sicurezza, anche se sembrano esserci, non bastano. Lo hanno fatto notare i Sindacati, che ogni anno contano migliaia di morti sul lavoro. E’ vero non si può morire mentre si lavora per dare gioia agli altri, non si può morire così. Non si può morire sul lavoro. E basta. 

Luisa Ferrara 

lunedì 5 marzo 2012

No Tav e Valsusa.



Venerdì è uscito il mio ultimo articolo su Il caffè, settimanale indipendente casertano, in cui ho affrontato il problema dei No Tav e della questione Val di Susa, analizzando le proteste e i diversi punti di vista, anche attraverso il mondo del web. 
Il mondo del web è variopinto, infinito, esteso, non sintetizzabile, non è possibile dividerlo facilmente in categorie. E a mio avviso è scorretto e fuorviante usare denominazioni come "Il popolo di Facebook" o "Il popolo di Twitter". Per questa ragione, mi limito sempre a riportare degli esempi di dichiarazioni e pensieri che possano portare in sé il senso comune dei molti che scrivono e si esprimono, senza la pretesa di estendere a tutti quelle affermazioni. Mi concentro su frasi che provochino o che pongano domande importanti.

Detto questo, vi copio qui il mio articolo.

Buona settimana!


La Val di Susa è una valle alpina situata ad ovest di Torino nella parte occidentale della regione Piemonte.  Nel 1989, la Francia invita l’Italia ad unirsi alla sua rete di Tgv, il servizio ferroviario ad alta velocità e nel 1990 nasce il Comitato Promotore per l’Alta Velocità Torino-Lione. La Valle, già attraversata da una ferrovia, da un’autostrada e un elettrodotto, comincia a protestare. Dopo 12 anni non si è ancora fermata. La “Val di Susa” entra nell’immaginario collettivo come l’emblema della difesa della natura contro il un “progresso” pericoloso e considerato inadatto a quel territorio. La Val di Susa è il luogo, ma anche l’insieme degli abitanti, dei contadini e delle coscienze che popolano quelle terre. Ma il movimento No Tav come oggi lo conosciamo, nasce pian piano. Dapprima erano stati professori, tecnici, medici e tanti professionisti, oltre agli amministratori locali, ad aver mosso molte perplessità sul progetto, e a organizzarsi, ad esempio, nell’Associazione Habitat. Grandi manifestazioni e vari tentativi di farsi ascoltare in modo pacifico, non bloccano il progetto. Cominciano i primi sabotaggi e presidi permanenti: lo scopo è bloccare i lavori dopo la sigla dell’accordo nel 2001, ed evitare che la polizia sequestri le terre dei contadini, destinate, contro il loro volere, ad ospitare la Torino-Lione. Ogni giorno è lotta e scontro, talvolta guerriglia. Polizia e No Tav infuocano la Valle, incarnando lo scontro tra diritto dei cittadini e supremazia dello Stato.
Sulla Valsusa si divide anche l’Italia, come sempre accade per ogni questione importante. C’è chi è vicino alle sofferenze di quella gente, alle loro paure e alla loro richieste, anche se è a kilometri di distanza. C’è che crede che siano invece criminali facinorosi, e che si stiano opponendo a un progetto altamente tecnologico e fondamentale. Ci si divide senza ascoltare le ragioni, talvolta senza conoscere i fatti. E’ un po’ lo Sport nazionale, quello di avere un opinione su tutto pensando di avere sempre ragione. Ma aldilà di questo, è interessante notare come quel che accade a Torino ha coinvolto molti in Italia. L’incidente per cui ora è in fin di vita uno dei manifestanti, Luca Abbà ha scioccato tutti. L’uomo si è arrampicato su un traliccio dell’alta tensione ed è rimasto folgorato, facendo un volo di 15 metri. C’era un cantiere aperto, ed egli era riuscito ad entrare in quel terreno che era in parte ancora suo. Decine di manifestazioni  e presidi dal giorno successivo si sono costituiti in tutto il Paese in solidarietà di Luca Abbà, che ora è in gravissime condizioni.
Il Giornale, come spesso accade, col suo cinismo di cattivo gusto, ha titolato: “Altro che eroe  - Solo un cretinetti”, scatenando polemiche e proteste.

Luca Abbà (La Presse)

No Tav minacciano di bloccare strade e autostrade, e dai rappresentanti del Governo arrivano le solite risposte: “Isolare spinte estremiste” ha detto la Cancellieri. Intanto dalla pagina No Tav su Facebook consigliano di cercare i video su You Reporter, laddove su You Tube vengano censurati, e cercano conforto in “Canzone di Maggio” di De Andrè. C’è anche l’evento “Siamo tutti NO TAV! Mobilitazione a Napoli, grazie al quale il 27 febbraio, tra le vie centrali di Napoli, si riuniscono in solidarietà a Luca Abbà circa 200 persone, tra studenti e attivisti del Comitato contro la discarica di Chiaiano, del Laboratorio Insurgencia, e altri ancora.  Anche il Sindaco De Magistris ha mostrato la sua solidarietà, giudicando l’opera che si vuole costruire in Valsusa, “inutile, costosa e dannosa”. Dalla pagina “Restiamo Umani” postano un elenco dei presidi previsti in tutta Italia con rispettivi indirizzi e orari, e ci sono più di 50 città.
Da Twitter parte una sorta di telecronaca degli eventi, basta digitare #notav nella ricerca per saper cosa ne pensano Beppe Grillo, Sandro Ruotolo, Alessandro Sallusti e tante persone comuni. Sabina Guzzanti chiede di ascoltare la voce del leader dei #notav in fin di vita (Luca).  Selvaggia dà spazio all’amara ironia scrivendo: “I progressi di questo paese: dal No Cav al No Tav. Dall'olgettina a pecora al Carabiniere pecorella”, riferendosi alla storia del manifestante che ha dato della pecora ad un Carabiniere, arrestato e poi rilasciato. Nel frattempo gira un video shock di You Reporter in cui si vede la polizia sfondare la vetrina di un bar in cerca di manifestanti. Su You Tube è possibile trovare diverse assemblee del movimento, piene di signore coi capelli bianchi assieme a signori calvi e giovanotti che non sembrano poi così violenti, in cui si spiegano le ragioni No Tav. In una si chiede ai poliziotti di schierarsi con la popolazione, rifiutandosi di manganellare o caricare. Fa quasi tenerezza.  
Luisa Ferrara


giovedì 1 marzo 2012

Anche se chi pensa è muto come un pesce.


Ci nascondiamo di notte Per paura degli automobilisti Degli inotipisti Siamo i gatti neri Siamo i pessimisti Siamo i cattivi pensieri E non abbiamo da mangiare
Com'è profondo il mare Com'è profondo il mare
Babbo, che eri un gran cacciatore
Di quaglie e di faggiani Caccia via queste mosche Che non mi fanno dormire Che mi fanno arrabbiare Com'è profondo il mare Com'è profondo il mare
E' inutile Non c'è più lavoro Non c'è più decoro Dio o chi per lui Sta cercando di dividerci Di farci del male Di farci annegare 
Com'è profondo il mare Com'è profondo il mare
Con la forza di un ricatto
L'uomo diventò qualcuno Resuscitò anche i morti Spalancò prigioni Bloccò sei treni Con relativi vagoni Innalzò per un attimo il povero Ad un ruolo difficile da mantenere Poi lo lasciò cadere A piangere e a urlare Solo in mezzo al mare
Com'è profondo il mare
Poi da solo l'urlo Diventò un tamburo E il povero come un lampo Nel cielo sicuro Cominciò una guerra Per conquistare Quello scherzo di terra Che il suo grande cuore Doveva coltivare
Com'è profondo il mare Com'è profondo il mare 
Ma la terra Gli fu portata via Compresa quella rimasta addosso Fu scaraventato In un palazzo,in un fosso Non ricordo bene Poi una storia di catene Bastonate E chirurgia sperimentale Com'è profondo il mare Com'è profondo il mare
Intanto un mistico Forse un'aviatore Inventò la commozione E rimise d'accordo tutti I belli con i brutti Con qualche danno per i brutti Che si videro consegnare Un pezzo di specchio Così da potersi guardare
Com'è profondo il mare Com'è profondo il mare

Frattanto i pesci Dai quali discendiamo tutti Assistettero curiosi Al dramma collettivo Di questo mondo Che a loro indubbiamente Doveva sembrar cattivo E cominciarono a pensare Nel loro grande mare Com'è profondo il mare Nel loro grande mare Com'è profondo il mare
E' chiaro Che il pensiero dà fastidio Anche se chi pensa E' muto come un pesce Anzi un pesce E come pesce è difficile da bloccare Perchè lo protegge il mare Com'è profondo il mare

Certo Chi comanda Non è disposto a fare distinzioni poetiche Il pensiero come l'oceano Non lo puoi bloccare Non lo puoi recintare Così stanno bruciando il mare Così stanno uccidendo il mare Così stanno umiliando il mare Così stanno piegando il mare




Quand'ero più piccina, ed ero un po' triste, la sentivo con le cuffiette e venivo come cullata da cotanta dolcezza, e folgorata come non mai da tale immensa verità.



Ciao Lucio.