Da Il Caffè del 27 Gennaio 2012
Sono giorni turbolenti, scioperi e proteste stanno bloccando alcune zone del Sud, la benzina è esaurita anche a Caserta.
Ogni tanto l’Italia è inondata da movimenti di protesta che sembrano forti e rivoluzionari, ma in breve tempo tutto torna come prima. Ricordate “Il popolo viola”? Le donne del “Se non ora quando?”, i “Grillini”? E andando indietro con il tempo “i girotondini”? E i recenti “indignados”?
Ora è il momento dei “forconi”, anche se devo confessare che, rispetto ad altre situazioni, non ho ben capito chi essi siano. Ma aldilà della loro provenienza politica o non politica, del fatto che qualcuno abbia evidenziato come tra i loro esponenti vi siano persone appartenenti a partiti di estrema destra e simpatizzanti fascisti, e altri abbiano denunciato la presenza di infiltrazioni mafiose, aldilà di tutto ciò, bisogna ammettere che sono tra i più potenti e fastidiosi. Hanno bloccato autostrade, e con esse il trasporto merci e il rifornimento di prodotti, anche di prima necessità. E in tanti si sono “incazzati”, anche online: su You Tube ci sono dei video che testimoniano i blocchi da parte dei tir e su Facebook una ragazza, commentandone uno, chiosa: “Però questo sciopero coinvolge direttamente SOPRATTUTTO i cittadini, che non guadagnano trentamila euro al mese e non dispongono di un jet privato per andare a lavoro!”.Come darle torto. Ma del resto, la protesta è protesta, e talvolta per farsi sentire, si arriva agli estremi. E poi, farsi sentire, vi chiederete, ma da chi?
Foto di Alessio Viscardi FanPage,it |
Nel nostro Paese, ultimamente, è forte la sensazione, che la politica sia pronta a giudicare i cittadini, a punirli, ad accusarli, senza mai tentare ascoltare e conoscere, senza andare alla radice dei problemi. E’ questa forse la causa del grande distacco che si sta creando tra politica e società.
“Dobbiamo dire ai nostri giovani – ha dichiarato il vice della Ministra Fornero - che se a 28 anni non sei ancora laureato sei uno sfigato, se decidi di fare un istituto tecnico professionale sei bravo. Essere secchione è bello, almeno hai fatto qualcosa" parola del vice ministro Martone. Ma cosa significa in italiano? Sembra un concetto espresso un po’ con i piedi, mi spiace caro ministro. Forse dovremmo dire ai nostri giovani che devono seguire le loro inclinazioni, e non rincorrere il sogno di realizzazione di una laurea soltanto perché è di moda? Forse dovremmo dire ai nostri ragazzi di fare l’università solo se ci si crede davvero? E dovremmo dire a quelli che non amano lo studio, che fare una scuola professionale non è socialmente penalizzante, ma che anzi, tutti i mestieri e tutte le professioni hanno una propria dignità? Certo, è possibile. Ma cosa racconta il signor vice ministro a chi per pagarsi l’università magari contemporaneamente lavora, a chi pur avendone i requisiti non riesce ad accedere a borse di studio, perché sono sempre poche, a chi si fa i kilometri ogni giorni per raggiungere il proprio ateneo pagando trasporti pubblici carissimi e carenti, indegni di un paese civile? Non dimentichiamo anche che l’università italiana, non si capisce bene perché, tra l’altro, sia tra le più care d’Europa.
Foto da GQ.com |
Scattata la polemica mediatica sono arrivate tante risposte da tutta Italia, da rappresentanti giovanili di associazioni universitarie, partiti e sindacati. La protesta è imperversata su Twitter: "sfigato is the new bamboccione?” ci si chiede. In particolare, una lettera di un giovane laureando precario, arrivata a Repubblica.it, ha posto diverse problematiche: nell’articolo "Mille lavori precari, sto per mollare l'Università" di Adelmo Monachese, questo giovane racconta la sua difficile vita, e il tentativo di mantenersi in tutti i modi da solo all’università, facendo vari lavori precari e in nero.
Ecco che Martone, avendola combinata grossa, ha dovuto, diciamo così, “riformulare” il suo messaggio: "Tutti quelli che hanno due lavori o che vengono da famiglie con situazioni difficili e riescono a laurearsi sono bravi, sono eroi". Poi però aggiunge “ma dieci anni per una laurea quinquennale se si vive a casa con i genitori e non si lavora nel contempo sono troppi”. Ora va meglio.
Luisa Ferrara